dom

07

mar

2010

TRASPARENZA, EFFICIENZA, EFFICACIA

 

Trasparenza, Efficienza ed Efficacia sono termini inflazionati. Sono tre concetti di cui sono infarciti i discorsi ed i programmi dei politici. E’ noto che l’uso eccessivo di alcuni termini è usurante e nel tempo si finisce col perdere di vista il vero significato delle stesse. Ne è una riprova il lemma REPUBBLICA, che originariamente significava cosa pubblica, ma che ora spesso viene scambiato per cosa privata o peggio cosa nostra, cioè di chi soggiorna nelle stanze dei bottoni, di chi decide come dobbiamo vivere e di cosa vivere. La parola chiara e precisa nel suo significato originario è paragonabile ad un pantalone nuovo di zecca che dopo essere stato indossato a lungo si deforma, si logora, si scolora e diventa irriconoscibile. Efficienza ed efficacia hanno seguito la sorte del pantalone. Allora è bene richiamare alla mente i concetti del titolo: partirei da efficienza. Chi amministra la cosa pubblica ha il compito precipuo di organizzare un servizio tenendo presente funzionalità, costo e beneficio. Cioè attuare il servizio nel migliore dei modi possibili affinché  non risulti eccessivamente oneroso per il contribuente e risulti efficace. Per efficacia si intende il beneficio che l’utenza ne ricava. Esempi negativi del rapporto costi-benefici o efficienza-efficacia ce ne sono a iosa. Due banali per tutti: un cittadino scrive ad un ente per segnalare un problema. Colui che riceve la segnalazione non provvede. Il dipendente inefficiente o supponente ha reso inefficace la segnalazione, sia essa di interesse privato o di interesse pubblico. La mancata risposta rivela un servizio inefficiente, ha un costo, (il dipendente comunque è pagato), a fronte di un utente che non riceve alcun beneficio, fosse anche di una risposta. Se si vuol sapere  dal Sindaco o dall’ASL di competenza se sia stata istituita l’anagrafe canina come da Ordinanza del sottosegretario alla Salute Francesca Martini, l’Ente preposto ha il dovere di provvedere, se non lo ha già fatto, e di darne notizia alla cittadinanza. Il servizio, se istituito in maniera efficiente, avrà un costo, ma i benefici saranno sotto il naso di tutti perché i possessori di cani sanno che potranno essere individuati grazie al microchip e sanzionati se permetteranno ai loro quadrupedi di lordare le strade.

Trasparenza o casa di vetro Altro termine abusato. La casa comune deve avere i vetri sempre tersi per permettere alla luce di passare e di vedere quello che succede all’interno. Tutti parlano del consigliere XY eletto nelle liste AZ o dell’assessore Pincopallino scelto tra molteplici candidati. Chi è costui? E’ stata pubblicata o internettata la sua dichiarazione dei redditi? E’ risultato sempre presente ai consigli o in giunta? Qual è la sua retribuzione? Cosa ha prodotto nel corso della consigliatura? Ha presentato mozioni, interpellanze, interrogazioni, ordini del giorno? Ha fatto proposte di modifiche dello Statuto? Perché non pubblicizzare i bilanci delle società controllate dal Comune o partecipate? Perché non creare un albo pretorio telematico accessibile a tutti? Qualche Consiglio Comunale campano ha deliberato in questo senso.  Internet serve anche a questo.                                             

Giuseppe Navarra

sab

20

feb

2010

Equitaliapolis o Iniquitaliapolis?

 

Napoli nord. Quanti sono gli abitanti di questa zona? Proviamo a contare le città, o ex paesi, che vi gravitano. Casoria, Afragola, Arzano, Frattamaggiore, Frattaminore, Cardito, Crispano, Casavatore, Caivano, Grumo Nevano. Li ho elencati tutti? Proviamo a contarne gli abitanti. Solo Casoria ne ha 80.000. A quanto ammontano gli altri? A occhio e croce saranno 270.000, come risulta da Internet. Sommando gli 80.000 di Casoria si raggiunge la bella cifra di 350.000 abitanti sparsi su un territorio abbastanza vasto. Un bacino di utenza enorme.Quanti saranno i titolari di cartelle esattoriali tarsu, ici, multe non pagate, Agenzia delle Entrate, Inps, ecc. ecc. che si servono dell’ufficio di Casoria? Questo ce lo dovrebbe dire il gestore. Ma possiamo farcene un’idea osservando la folla che sosta dalle prime ore del mattino davanti all’ufficio. Avete provato a raggiungere lo sportello informazioni ubicato nella dissestata ed impraticabile Via Cavour? La guardia giurata con gentilezza vi dà un numeretto e vi dice di rispettare la fila. Ma quale fila? La calca! Tempo fa un vecchietto sostava davanti all’ufficio fin dalle prime ore del mattino e consegnava, in cambio di un obolo, un numero scribacchiato su un pezzo di carta. Era l’attestato di precedenza assoluta. Qualcuno borbottava, ma accettava la consuetudine. L’ufficio si presenta come un corridoio su cui si affacciano tre sportelli di cui due funzionanti. Il terzo è per le informazioni. L’ambiente non può accogliere più di una decina di persone per cui si entra a gruppetti. Gli altri restano fuori. “Anche se piove?” “E chi se ne importa!” “ Anche se fa freddo?” “E chi se ne frega!” “Anche se c’è il solleone?” “Non è un problema del gestore che probabilmente è in possesso di una convenzione di ferro.” Nel frattempo chi sta fuori da ore, per la maggior parte gente attempata, è esposta a bronchiti, raffreddori ed insolazioni. Nessuno li difende. Bisognerebbe ricordare ai firmatari della convenzione che l’Ispettorato della Funzione Pubblica in una propria nota datata 18/06/2002 affronta il problema delle “code” davanti agli sportelli degli uffici pubblici. In detta nota si parla della massima utilizzazione delle risorse (efficienza) nel rispetto delle esigenze dell’utenza (efficacia). In parole povere chi progetta un sistema di sportello non deve mirare solo a minimizzare i costi ma contemporaneamente curare la soddisfazione dell’utenza. Quindi, in occasione delle crisi cicliche (scadenza tarsu, Ici e via dicendo) è necessario attrezzarsi per fronteggiare il maggior afflusso agli sportelli. Come? Aprendo l’ufficio anche di pomeriggio o aprendo più sportelli. Efficienza ed efficacia sono due concetti che vanno a braccetto.     

Giuseppe Navarra

gio

21

gen

2010

IL TRAM SI E' FERMATO

  Come previsto a Giuseppe Di Vittorio, ossia alla rotonda di Capodichino il tram si è fermato. Cinque di quelli che l’avevano aiutato a partire da piazza Cirillo, sono scesi. Il manovratore minaccia di andarsene e prima di prendere la decisione definitiva si prende una pausa di riflessione. Venti giorni. E’ la  solita partita a poker in cui c’è sempre qualcuno che bluffa? Oppure i cinque credono di avere in mano la combinazione che fa vincere il piatto? Non c’è nessuno che fa cip? Il piatto piange e nel piatto ci sono i soldi della collettività. Ho un’età in cui le illusioni cadono col passar degli anni. Avevo capito da lungo tempo che in politica non contano le idee, le buone intenzioni, lo spirito di servizio. La politica, quella italiana in particolare, si risolve sempre in un rapporto di forza non solo tra maggioranza ed opposizione ma anche all’interno delle stesse coalizioni. I programmi e gli impegni presi con gli elettori passano in seconda linea. Anzi sono  spesso il pretesto per giustificare salti quagliferi, ribellioni o per chiedere più potere in nome del popolo. I cinque rappresentano quasi il 30% della raffazzonata maggioranza. Spettano loro 3 assessori su 10. E poiché sono determinanti, anche uno 0,5 in più, se del caso. Il conto è semplice.   Il risultato è la paralisi amministrativa. Si credeva che con la riforma dell’elezione diretta del sindaco, potendosi egli scegliere in tutta libertà i suoi collaboratori, si sarebbero evitate le frequenti ed endemiche crisi del passato in cui i reucci vivevano l’espace d’un matin. Quelli che erano e sono i collaboratori del manovratore di turno salgono e scendono a piacimento dal tram come sempre, lasciando in panne non solo il tram ma anche i viaggiatori. Nel frattempo Via Boccaccio, Via Giolitti, Via Etna con gli svincoli sulla bretella Arzano-Frattamaggiore, la consegna al Comune dei suoli espropriati dall’IACP 30 anni fa, la messa in opera di spazi ludici in Via Cimarosa, Via Garibaldi e Via Bissolati, l’acquisto dell’area demaniale in via Boccaccio di circa 35.000 mq da sottrarre all’ennesima colata di cemento, il PRU, le due isole ecologiche, la scuola San Mauro, i provvedimenti da prendere da parte del Comune in vista della costruzione dell’asse di collegamento tra l’aeroporto con le autostrade, varco di Via Piccirillo, i tronchi morti che dovevano collegare Via Calvanese con Via Petrarca, la delocalizzazione degli impianti carburanti costruiti su suolo pubblico, URP, INTRANET, trasferimento del poliambulatorio e chi più ne ha più ne metta, possono aspettare. Non è vero che anche se cambia il direttore la musica è sempre la stessa. E’ vero invece che  i  direttori si ritrovano sempre con la stessa l’orchestra.

Giuseppe Navarra

dom

27

dic

2009

I cittadini non possono vedere cosa succede in Consiglio Comunale

Prima di presentarmi voglio fare una premessa: ciò che segue non è una valutazione di tipo politico. Io sono Raffaele Zanfardino, corrispondente per il quotidiano “Cronache di Napoli”, e assisto, facendo il resoconto, ai vari consigli comunali che si tengono in città. Nel consiglio di giovedì 17 dicembre per motivi personali non ero presente ma mi hanno riferito che a un cittadino è stato impedito di scattare foto durante l’assise civica, nonostante fosse a porte aperte. Stessa sorte è capitata a me, ai miei colleghi e ai cittadini presenti nel consiglio di lunedì 21 dicembre. Dopo la sorpresa poiché è la prima volta che mi succede sono andato a rileggere la delibera numero 65 che disciplina le riprese in consiglio (scaricabile dal sito del comune) approvata dal consiglio comunale il 30 settembre di questo anno. Data per scontata la buona fede del presidente del consiglio Gennaro Nocera, del sindaco Stefano Ferrara e di chi ha votato il regolamento, il cui intento era semplicemente quello di disciplinare l’argomento e non certo di ridurre la trasparenza, mi permetto di muovere alcune critiche. Innanzitutto nel regolamento non si parla espressamente di fotografia ma di “riprese e trasmissioni radiotelevisive”; “telecamere”; “altri strumenti di videoripresa”e “ogni altra attività privata di registrazione, sotto forma di audio e video”. Inoltre, ammesso ma non concesso che le suddette citazioni implichino anche la fotografia il regolamento è oggettivamente molto restrittivo e non permette ai cittadini di vedere cosa succede in consiglio nonostante abbiano tutto il diritto di sapere se un consigliere (soprattutto se l’hanno votato) passa il suo tempo in aula a leggere il giornale, a fumare una sigaretta oppure segue attivamente ciò che succede nella sala consiliare. Infatti, secondo il regolamento approvato “il Presidente ha facoltà di autorizzare riprese e trasmissioni radiotelevisive, fornendo preventiva informazione a tutti i partecipanti alla seduta consiliare. Nell'ipotesi in cui si verificassero riprese e trasmissioni non autorizzate, il Presidente chiederà prima l'allontanamento volontario ed in caso negativo potrà chiedere l'intervento della forza pubblica per l'allontanamento coatto”: insomma, decide il presidente del consiglio se i cittadini devono vedere cosa fanno i loro rappresentanti a meno che non si ha del tempo libero per poter assistere direttamente. Inoltre, l’articolo 3 dice che “il Presidente del Consiglio, prima dell'appello, avverte il pubblico e i consiglieri delle riprese televisive e della successiva diffusione delle relative immagini” e “i Consiglieri comunali manifestano per iscritto, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al D.Lgs. n. 196/2003, il loro assenso alla ripresa e divulgazione della propria immagine durante le sedute consiliari. Ciascun consigliere ha diritto di chiedere l'interruzione della ripresa televisiva in occasione del proprio intervento”. Dulcis in fundo, “ciascun consigliere (…) ha il diritto di manifestare il proprio dissenso alla ripresa e divulgazione della propria immagine durante le sedute consiliari; in quest'ultimo caso dovrà essere mandato in onda l'intervento e/o dichiarazione del Consigliere, con ripresa della sola targhetta identificativa”. Insomma, i consiglieri sanno prima se verranno ripresi e quindi si comporteranno di conseguenza e non ci saranno comportamenti spontanei. Non è una questione di destra, di centro o di sinistra basti pensare che il governo nazionale, dello stesso colore del governo di Casoria, va in direzione diametralmente opposta: addirittura sul sito della camera e del senato è possibile conoscere il testo di una legge, i vari iter che servono per poterla approvare e vedere in streaming le sedute del parlamento. Purtroppo questo atteggiamento non è stato di buon esempio per il governo locale. Inoltre, in consiglio comunale più volte viene citata sempre la parola “trasparenza” (citata anche dal sindaco nel consiglio comunale del 21 dicembre): ma in questa occasione alle parole non sono seguiti i fatti. L’unico che in pubblico e apertamente ha posto la questione lunedì è stato il consigliere comunale Ludovico Russo (già in un’altra occasione a fianco della carta stampata) a cui il presidente del consiglio ha risposto che bisognava seguire il regolamento. C’è da dire, comunque, che privatamente parecchi consiglieri, sia di maggioranza che di opposizione, sono d’accordo nel fotografare i consigli comunali. Speriamo che fra le varie polemiche di questi giorni si discuta anche sulla modifica, in maniera radicale, del regolamento che dovrebbe disciplinare ma di fatto limita il diritto di cronaca. Chiudo augurando buone feste a tutti.

Raffaele Zanfardino

sab

04

lug

2009

Il vecchio tram della politica casoriana

  Da ragazzo, appena 14enne, alle 7,30 prendevo il tram in piazza Cirillo e ne scendevo al Tiro a Segno per recarmi al Garibaldi, il liceo degli studenti pendolari. Talvolta arrivavo in piazza mentre il tram si era già avviato e di solito, i ritardatari come me, lo prendevano in corsa. Qualcuno ci ha rimesso la pelle. Qualcuno le gambe. A me è andata bene! Questa immagine mi è balzata nitida alla mente nel leggere su “Casoria Due” alcuni articoli sull’apolitica casoriana paragonabile, a mio avviso, al percorso del vecchio tram delle 7,30. Le tre vetture, cariche di passeggeri, provenivano da Afragola o da Caivano ed a Casoria a stento si riusciva a salire, tanto che qualcuno viaggiava sullo “predellino” aggrappato al cancelletto.

Il tram dell’apolitica di questa città, all’indomani delle ultime elezioni, ha un manovratore e 14 esperti ma non è in grado di partire perché le ruote slittano sulle rotaie. “ ’o tramme à pigliate ‘e lisce”. Ma in aiuto del manovratore giungono inattesi,  due esperti ferrovieri che riescono a farlo partire con un po’ di sabbia sparsa sulle rotaie. Un terzo esperto, avuto sentore delle difficoltà del manovratore, si appresta a dare una mano. E’ un po’ in ritardo e rincorre le tre vetture. Non riuscendo a balzare sull’ultimo predellino, cosa fa? Si attacca alla leva dello sfiato dei freni. Il tram si ferma. Sale il terzo esperto. Ora gli esperti sono 17. Il tram allaccia, come noi solevamo dire, cioè corre a più non posso. A Villa Elisabetta si ferma per il rito del bastone. In alcuni tratti il binario è unico e bisogna accertarsi che una sbarra di ferro, il bastone, sia  stata infilata in un tubo a testimonianza che il tram proveniente da Napoli è passato e che quindi l’unico binario di quel tratto è sgombro. Non c’è pericolo di scontro frontale. La notizia dell’arrivo dei tre esperti che hanno permesso la partenza del tram si diffonde in un battibaleno. Altri due o tre esperti decidono di aggregarsi ai 17. Essi sanno che il tram è costretto a fermarsi in quel punto e ne attendono il passaggio. Montano in carrozza. Ora sono circa 20, uno più, uno meno.  Ad un certo punto, tra lo sbigottimento di tutti i passeggeri, gli ultimi arrivati cominciano a contestare il comportamento dei tre bigliettai e del capo del convoglio, quello dell’ultima carrozza, pronto a suonare la tromba per fermare il tram in caso di pericolo. “Non hanno fatto i biglietti a tutti”, strillano. A questi ultimi se ne aggiungono altri. Si forma un nutrito gruppo di esperti che minaccia di staccare il trolley dell’alimentazione elettrica e di scendere dal tram. “Bisogna cambiare bigliettai e capo-convoglio”, gridano. “Sono degli incapaci”, urlano, minacciando di fermare il tram. Qualche esperto scende in corsa. Qualcun altro sale in corsa. In apolitica è un saliscendi continuo. Non c’è pericolo di rimetterci la vita o le gambe. Tutt’al più sono i viaggiatori a rischiare. Ora le tre vetture sono ferme in piazza Di Vittorio. Si parlamenta. Si cerca un accordo. Chi dei bigliettai mandar via? E’ meglio sostituire solo il capoconvoglio? Nell’attesa il manovratore vorrebbe ripartire. Ma si trova davanti ad un bivio: prendere per la Doganella o per Capodichino? Avrà sufficiente energia (elettrica) per giungere alla meta? Se scende per Capodichino potrà giungere a Piazza Ottocalli anche senza corrente. E se i freni non reggono per la ripida discesa? Rischia di sfracellarsi con esperti, personale viaggiante e ignari passeggeri contro il ponte del Tiro a Segno. Può andare per la Doganella, ma gli serve la corrente e, se le richieste dei numerosi esperti contestatori non saranno adeguatamente soddisfatte, addio al trolley. Povero manovratore! Non vorrei trovarmi nei suoi panni. E’ una storia arcinota. Si ripete dagli albori della Prima repubblica.  

                                                                          Giuseppe Navarra 

 

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mer

21

gen

2009

Perchè non aprire Via Giolitti?

Va da sé che una città volutamente ed intensamente sviluppata in senso orizzontale e verticale avrebbe avuto bisogno di molte aree di parcheggio. Risultato? Auto dappertutto, persino sui marciapiedi (quando ci sono). La nostra non è una città a misura di pedoni e bici. Ciclisti e pedoni sono a rischio perpetuo. La febbre edificatoria salì a tal punto e tanto celermente che diversi palazzi di Via Principe di Piemonte furono costruiti senza rispettare le quote. Posso affermare senza tema di essere smentito che solo le persone normodotate possono percorrere i suoi marciapiedi a gradini, non certo i disabili. I La valanga di concessioni edilizie del 31 agosto 1968 e la conseguente maniacale febbre cementizia risultarono nei disordinati agglomerati urbani di Via Principe di Piemonte, Carducci, Tasso, De Gasperi ecc., per non parlare dello scempio di Arpino. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: traffico veicolare pazzesco, distanze risicate tra gli edifici, marciapiedi monopedonali, improvvida assenza di aree destinate a parcheggio. Improvvida? Sarebbe più realistico definirla assenza interessata. Un’area di parcheggio significava non poter costruire 2 o 3 edifici a 7 piani. Meno soldi incassati da palazzinari, da intermediari, da frettolosi tecnici progettisti e dai proprietari dei suoli lottizzati, pochi residui marciapiedi pedonabili sono spesso ostruiti da merci varie, in primis ortaggi e frutta, in barba ad ogni tipo di norma igienica. Al riguardo sono state emanate nel passato delle ordinanze sindacali, rispettate solo per qualche settimana, poi tutto è tornato nella normalità del suk casoriano. I Casoriani hanno la memoria corta ed è il caso di ricordare loro che l’attuale problema di Via Giolitti, strada senza futuro perché senza sbocco, è una vittima della prima conurbazione selvaggia. Gli attuali abitanti, però, potrebbero organizzarsi in Comitato di quartiere come hanno fatto i rioni Stella e Castagna per difendere la qualità della loro vita. I Comitati di quartiere e le Associazioni di cittadini sono indispensabili per scuotere l’inerzia di politici, funzionari e tecnici che si addormentano sulle carte o con la proverbiale tetta in bocca. Ne è un esempio il Comitato di Via Saggese in Afragola che è riuscito ad accelerare l’apertura della strada di collegamento Afragola-Casalnuovo. Ne è un esempio la protesta del Comitato Castagna che ha costretto l’amministrazione ad una pausa di riflessione sulla scelta di Via Calvanese come sito per l’installazione di un’isola ecologica. Via Giolitti, figlia del caos edilizio sessantottino, priva di sbocco veicolare in Via Torrente, senza spazio di manovra per tornare in via Tasso, (ne sanno qualcosa gli autisti dei mezzi per la raccolta rifiuti), potrebbe essere una parziale alternativa al traffico di Via P. di Piemonte se fosse collegata con Via Torrente con i dovuti sensi di marcia. Una passata Amministrazione fece il timido tentativo di aprire la strada, ma non ebbe il coraggio di espropriare qualche decina di mq per pubblica utilità. Forse un Comitato Giolitti potrebbe riuscire nell’ardua impresa.         

                                                  Giuseppe Navarra

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