Il vecchio tram della politica casoriana

  Da ragazzo, appena 14enne, alle 7,30 prendevo il tram in piazza Cirillo e ne scendevo al Tiro a Segno per recarmi al Garibaldi, il liceo degli studenti pendolari. Talvolta arrivavo in piazza mentre il tram si era già avviato e di solito, i ritardatari come me, lo prendevano in corsa. Qualcuno ci ha rimesso la pelle. Qualcuno le gambe. A me è andata bene! Questa immagine mi è balzata nitida alla mente nel leggere su “Casoria Due” alcuni articoli sull’apolitica casoriana paragonabile, a mio avviso, al percorso del vecchio tram delle 7,30. Le tre vetture, cariche di passeggeri, provenivano da Afragola o da Caivano ed a Casoria a stento si riusciva a salire, tanto che qualcuno viaggiava sullo “predellino” aggrappato al cancelletto.

Il tram dell’apolitica di questa città, all’indomani delle ultime elezioni, ha un manovratore e 14 esperti ma non è in grado di partire perché le ruote slittano sulle rotaie. “ ’o tramme à pigliate ‘e lisce”. Ma in aiuto del manovratore giungono inattesi,  due esperti ferrovieri che riescono a farlo partire con un po’ di sabbia sparsa sulle rotaie. Un terzo esperto, avuto sentore delle difficoltà del manovratore, si appresta a dare una mano. E’ un po’ in ritardo e rincorre le tre vetture. Non riuscendo a balzare sull’ultimo predellino, cosa fa? Si attacca alla leva dello sfiato dei freni. Il tram si ferma. Sale il terzo esperto. Ora gli esperti sono 17. Il tram allaccia, come noi solevamo dire, cioè corre a più non posso. A Villa Elisabetta si ferma per il rito del bastone. In alcuni tratti il binario è unico e bisogna accertarsi che una sbarra di ferro, il bastone, sia  stata infilata in un tubo a testimonianza che il tram proveniente da Napoli è passato e che quindi l’unico binario di quel tratto è sgombro. Non c’è pericolo di scontro frontale. La notizia dell’arrivo dei tre esperti che hanno permesso la partenza del tram si diffonde in un battibaleno. Altri due o tre esperti decidono di aggregarsi ai 17. Essi sanno che il tram è costretto a fermarsi in quel punto e ne attendono il passaggio. Montano in carrozza. Ora sono circa 20, uno più, uno meno.  Ad un certo punto, tra lo sbigottimento di tutti i passeggeri, gli ultimi arrivati cominciano a contestare il comportamento dei tre bigliettai e del capo del convoglio, quello dell’ultima carrozza, pronto a suonare la tromba per fermare il tram in caso di pericolo. “Non hanno fatto i biglietti a tutti”, strillano. A questi ultimi se ne aggiungono altri. Si forma un nutrito gruppo di esperti che minaccia di staccare il trolley dell’alimentazione elettrica e di scendere dal tram. “Bisogna cambiare bigliettai e capo-convoglio”, gridano. “Sono degli incapaci”, urlano, minacciando di fermare il tram. Qualche esperto scende in corsa. Qualcun altro sale in corsa. In apolitica è un saliscendi continuo. Non c’è pericolo di rimetterci la vita o le gambe. Tutt’al più sono i viaggiatori a rischiare. Ora le tre vetture sono ferme in piazza Di Vittorio. Si parlamenta. Si cerca un accordo. Chi dei bigliettai mandar via? E’ meglio sostituire solo il capoconvoglio? Nell’attesa il manovratore vorrebbe ripartire. Ma si trova davanti ad un bivio: prendere per la Doganella o per Capodichino? Avrà sufficiente energia (elettrica) per giungere alla meta? Se scende per Capodichino potrà giungere a Piazza Ottocalli anche senza corrente. E se i freni non reggono per la ripida discesa? Rischia di sfracellarsi con esperti, personale viaggiante e ignari passeggeri contro il ponte del Tiro a Segno. Può andare per la Doganella, ma gli serve la corrente e, se le richieste dei numerosi esperti contestatori non saranno adeguatamente soddisfatte, addio al trolley. Povero manovratore! Non vorrei trovarmi nei suoi panni. E’ una storia arcinota. Si ripete dagli albori della Prima repubblica.  

                                                                          Giuseppe Navarra 

 

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